Quattordici anni dopo il varo della digitalizzazione del documento, l’Italia ha ratificato il Protocollo di Ginevra. Permetterà la dematerializzazione dei documenti di viaggio e un controllo più puntuale del cabotaggio abusivo. Ma per sbloccarla c’è voluto il Piano di ripresa e resilienza
Le tecnologie corrono veloci. E, una volta adottate, permettono di operare ancor più velocemente. Ma, per una sorta di contrappasso, adottare le tecnologie, almeno in Italia, è un processo lungo, lento e complicato. Lo scorso 17 aprile, il Consiglio dei ministri, ha approvato un disegno di legge di ratifica per l’adozione anche nel nostro Paese della lettera di vettura digitale per l’autotrasporto merci, la cosiddetta e-CMR che dovrà diventare operativa entro il prossimo anno. Sono passati 14 anni da quel febbraio 2008 nel quale alla convenzione internazionale è stato aggiunto, a Ginevra, il Protocollo che permetteva la creazione e la gestione della CMR elettronica. Entrata in vigore tre anni dopo, finora è stata adottata da 30 paesi, ultimo dei quali la Germania. Essere in buona compagnia, tuttavia, non ci assolve da un ritardo di tre lustri nell’adottare una misura universalmente osannata, perché, come ha ricordato Manuel Scortegagna, amministratore unico di Scortrans, vicepresidente di Fedespedi con delega ai trasporti terrestri, «semplifica e velocizza la filiera della logistica, rende più sicuri i documenti di trasporto, rafforza la validità del documento di trasporto anche a fini fiscali e infine favorisce l’interoperabilità dei dati».
Il presidente di Alis, Guido Grimaldi, ha aggiunto che «il nostro Paese ha bisogno di un’accelerazione nel percorso di transizione digitale della catena logistica» e che l’arrivo della e-CMR in Italia «rappresenterà un importante passo in avanti per la competitività e l’efficienza delle nostre imprese di trasporto». Ma la soddisfazione maggiore l ’ha espressa Confartigianato Trasporti, una cui impresa associata ha partecipato lo scorso anno alla sperimentazione promossa da Uniontrasporti coinvolgendo quattro aziende, prevalentemente con sede nei pressi del confine e dunque maggiormente toccate dai problemi del trasporto internazionale e dal cabotaggio. Confartigianato ha ricordato per l’occasione che «da anni sollecita il governo sulla ratifica del Protocollo, anche perché l’Italia rimaneva tra gli ultimi Paesi a non averlo ancora fatto rimanendo in posizione di svantaggio competitivo, sia rispetto ai temi della sburocratizzazione e della digitalizzazione sia rispetto alla regolarità del mercato».